Syd Barrett e tutto quello che possiamo sapere di Syd Barrett, finisce un giorno di giugno nel 1975, negli studi di Abbey Road, Londra, dove il suo vecchio gruppo, composto dai suoi vecchi amici Nick Mason, Richard Wright e Roger Waters, i Pink Floyd in cui ormai da anni David Gilmour ha preso il suo posto, stanno registrando un album dal titolo storico quanto evocativo: Wish you where here - Vorrei tu fossi qui -, dove You è lui, Syd, che in qualche modo è riuscito a intrufolarsi. I quattro non se ne rendono conto immediatamente, o meglio, notano ovviamente qualcuno che si aggira indisturbato mentre loro suonano e registrano, ma, pur forse avendo un’aria familiare, non lo riconoscono subito.
Appesantito, senza i suoi capelli lunghi e scuri, con un’aria assente, quell'individuo è difficilmente associabile a Roger Keith "Syd" Barrett; appena se ne accorgono però è tanto lo sgomento, la commozione e l’incredulità: ecco, di Syd non è rimasto nulla. Per questo penso che da quel momento in avanti si parlerà di Syd come di un essere umano esistito, ma ormai completamente mutato tanto da non essere più realmente lui.
Sembra quasi di evocare una storia secolare, accaduta tanti e tanti anni prima, appannata dallo scorrere del tempo, eppure quel giorno del 1975 non è così distante da quello in cui tutto ebbe inizio, e all'inizio c'era Syd Barrett, nato a Cambridge nel gennaio del 1946, figlio di un anatomopatologo con il pallino per la pittura. La pittura e il disegno sono anche i suoi primi interessi artistici; solo in un secondo momento, a 14 anni, inizia ad accostarsi al mondo della musica. Nel periodo della Swinging London parecchi ragazzi mettono insieme delle band per cercare di sfondare e alcuni ce la faranno sul serio: i Querrymen, poi noti come Beatles, i Rolling Stones, gli Yardbirds e molti altri vivono e respirano le stesse influenze fatte di musica d'oltre oceano: il Rock and Roll e, per i più puristi, il Blues. Sono i vari Elvis Presley, Chuck Berry, Little Richard, Gene Vincent o Buddy Holly il vero humus fondamentale per la nascita di nuove correnti musicali nella vecchia Inghilterra, relativamente da poco uscita da un conflitto mondiale; così, sull'onda dell'entusiasmo Roger Barrett, noto presso amici e conoscenti come Syd, inizia a strimpellare prima l'ukulele e in seguito la chitarra.
Nel 1961 il padre muore e lui si tuffa con maggior dedizione nella sua nuova passione, entra a far parte dei Geoff Mott and the Mottoes, un gruppetto dedito alle cover di vari successi dell'epoca nel quale milita anche Roger Waters, suo amico e futuro co-fondatore dei Pink Floyd.
Dopo che i Mottoes si sciolgono, si iscrive alla scuola d'arte ma mantiene comunque i contatti con Waters e un certo Bob Klose, fino a che, attorno al 1963, formano la prima cellula dei Floyd iniziando a comporre materiale proprio. Nonostante l'amore per il Blues che condividono, tanto da scegliere poi il nome Pink Floyd in omaggio a due musicisti americani, Pink Anderson e Floyd Council, alcuni dissapori di carattere musicale allontanano Klose, più orientato al Blues tradizionale, dagli altri membri della neonata formazione interessati invece - soprattutto Syd - a musica più sperimentale: pare sia stata la canzone Bike (allegata a questo post) il motivo del contendere, una surreale idea di Barrett che, a mio avviso anticipando canzoni di Atom Heart Mother o Money - prima traccia del celeberrimo Dark Side of the Moon - introduce l'utilizzo di rumori e suoni provocati da oggetti come il ticchettìo di orologi e simili quasi facessero parte della partitura stessa, in un'atmosfera surrealmente scanzonata.
Difficilemente si può parlare di un personaggio come Barrett e della sua ispirazione, senza troncare la narrazione quantomeno per accennare un altro prodotto di importazione statunitense in voga all'epoca, oltre al Rock: gli allucinogeni; nei primi anni sessanta fa il suo ingresso nel vecchio continenete una sostanza denominata LSD della quale il nostro è, ahinoi, un avido consumatore: non che gli altri membri del gruppo o altri giovani non provino le esperienze dell'acido, ma Barrett si spinge particolarmente oltre fino ad assumerlo per sette giorni di fila; l'abuso come vedremo sarà determinante nel relegarlo nel suo mondo artificiale e sempre più al di fuori dalla band che ha fatto nascere.
I Floyd iniziano ad avere il loro pubblico e così arriva il momento di registrare il primo album, l'unico vero album cui parteciperà mai Syd Barrett, sebbene in seguito collaborerà anche alla realizzazione di A Saucerful of Secrets: The Piper at the Gates of Dawn, nel quale compaioni alcuni pezzi dal tipico sapore barrettiano quali Interstellar Overdrive, la già citata Bike o Astronomy Domine che, con i loro testi tra il fiabesco e il fantastico e i loro suoni, rumori e dissonanze, danno inizio alla psicadelia o quantomeno sono stati seminali per la cosiddetta Musica Psichedelica, per la musica sperimentale e per una moltitudine di altri generi musicali quali ad esempio il Noise. The Piper at the Gates of Dawn è l'album di Syd Barrett quanto gli album successivi, fino alla fine degli anni settanta, saranno invece il parto della mente, altrettanto brillante e complessa, di Roger Waters.
Se Syd Barrett si dimostra un ottimo e visionario compositore e musicista in studio, dal vivo le cose assumono prestissimo tutta un'altra piega: talvolta completamente in balia delle sue allucinazioni, le sue performance non sono mai all'altezza delle aspettative del pubblico e della band; arrivato a suonare per un intero concerto una sola nota, ben presto gli è affiancato un giovane semiprofessionista e amico d'infanzia, tale David Gilmour, che impara tutte le parti di chitarra e vocali e, in poco tempo, lo soppianta in tutto e per tutto. Syd è praticamente fuori dal gruppo, se si eccettua qualche intervento nel secondo album A Saucerful of Secrets, è estraniato dalla sua stessa creatura.
C'è ora da dire che le condizioni psichiche di Barrett non sono dovute soltanto all'assuzione di allucinogeni, sebbene giochino una parte fondamentale, pare il suo sia un caso di schizofrenia o, secondo ipotesi più recenti, di autismo, aggravato semmai dalla droga sintetica cui è avvezzo. Ma la sua follia si dimostra lucida e la sua capacità di vedere oltre e di proiettarsi in mondi fantastici non gli impedisce un ultimo guizzo per parlare di se stesso in una traccia finita sul secondo album dei Pink Floyd intitolata Jugband blues: canzone soprannominata the sound of insanity, nella quale però Syd sembra rendersi conto della sua situazione psichica e del suo progressivo distacco dalla realtà
And I’m wondering who could be writing this song
E mi chiedo chi potrebbe scrivere questa canzone
e dalla sua band
I dont care if the sun don't shine
Non mi interessa se il sole non splende
Versi che per noi, che siamo solo spettatori della sua arte, possono voler dir poco, ma evidentemente il sole che non splende più, nella vita come nel suo gruppo, è lui, tanto che in seguito, quasi a rispondergli, su Shine on You Crazy Diamond Waters dice
Remember when you were young?
Pink Floyd - Shine on you crazy diamond, da Wish you where here - 1975
You shone like the sun
Ricordi quando eri giovane?
Splendevi come il sole
Shine on you crazy diamond!
Per poi commentare anni dopo:
[Shine on you crazy diamonds] è veramente una bella canzone, descrive il modo in cui ho sperimentato la sua [di Syd Barrett] disintegrazione
Roger Waters su Shine on you crazy diamonds e Syd Barrett.
Barrett, estromesso dai Floyd, continua per un po' a produrre musica, registra altri due album da solo nel 1970: The Madcap Laughs e Barrett, musicalemente differenti da quanto fatto in precedenza, abbandona la spigolosità acida della sua Fender Esquire nera con applicati degli specchietti circolari in favore di suoni più acustici ma non meno fiabeschi.
Da questo punto in avanti si potrebbe, chessò, porsi la domanda "Cosa ha fatto Barrett dal giorno in cui comparve nella sala di registrazione durante le sessioni di Wish you where here in poi?", e potremmo parlare di un essere umano con problemi psichiatrici, alienato da se stesso prima ancora che dal mondo esterno, chiuso in una casa a dipingere (si torna spesso indietro sui propri passi, situazione che io chiamo ironicamente Avanzato stato di regressione), delle sue ultime foto che lo ritraggono impietosamente ingrassato e lontano da quell'immagine di carismatico e giovanissimo leader di un complesso musicale storico. Si potrebbe dire che è morto a sessant'anni.
Si potrebbe, ma, come detto all'inizio, quello non era più Syd Barrett, Syd Barrett, il diamante pazzo, vive nella sua musica e nei ricordi.
Anni fa lessi su un lato del campanile di San Marco, a Venezia, non ricordo quale lato, una scritta che a onor del vero non so dire se esiste ancora, che diceva solamente "Syd Barrett's sons" - Figli di Syb Barrett - e che ritengo sia stata apposta in occasione del discusso concerto dell'ultima incarnazione dei Floyd orfani ormai anche di Waters, il giorno del Redentore del 1989. Di Barrett resteranno i suoi figli musicali, per questo non si può dire sia morto.. o no?
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